Esploratori urbani tra le mura della vecchia “Cuncia” sul fiume Frigido
Alcuni posti fanno parte del passato di un luogo, ma continuano ad esistere nel presente, spesso, senza che le nuove generazioni di cittadini conoscano nulla della loro storia, né siano consapevoli del patrimonio culturale che tali luoghi racchiudono e che sarebbero ancora in grado di donare. Tramandarne la memoria diventa il solo mezzo per dare, a questi antichi luoghi, un futuro.
A Massa, c’è un ponte vecchio, in origine costruito in muratura, a schiena d’asino con tre arcate. Venne realizzato apposta per consentire il transito di persone, di animali e dei pesanti carri che trainavano blocchi di marmo. Era, ai tempi, uno dei pochissimi modi per passare il fiume Frigido, andando verso Massa dal Mirteto, e, per questo, era estremamente frequentato. Anche oggi, il ponte Trieste, è molto trafficato, sebbene esistano altri ponti che consentono l’accesso a Massa. Dal ponte guardando verso la montagna si può scorgere, l’opificio e nella stessa direzione, il casino da pesca del principe Alberico I Cybo Malaspina, costruito nel 1577 e soprannominato villa della Cuncia per la presenza, in quella zona, di antiche concerie. Guardando verso Massa, invece, si può individuare la scalinata di via del “Ponte Vecchio” che porta a Borgo del Ponte e, voltandosi verso il mare, seguendo in lontananza il corso del Frigido, si vede un brulicare di vita: operai, commercianti, attività agricole.
Dal ponte, oggi in ferro, si vede anche il “capannone” della ex segheria conosciuta anch’essa come la “Cuncia” (concia n.d.r.), per le stesse ragioni che diedero il nome alla villa di Alberico I. Si tratta di una vasta area di proprietà della provincia di Massa Carrara, in cui “giace”, abbandonata a se stessa, la carcassa di una segheria. Dall’alto appare con il tetto completamente divelto e le pareti circondate da una folta vegetazione, che fa capolino dalle finestre. Ciò che si vede della struttura nella parte inferiore è, se possibile, uno spettacolo ancora più desolante: due stanzoni enormi avvolti dal degrado più totale. Nella struttura oltre a detriti di tutti i tipi e rifiuti di varia natura, ben in vista, tra cui carrelli della spesa e una lavatrice, ci sono ancora dei servizi igienici, naturalmente rotti, con gli scarichi che vanno direttamente nel fiume.
Nel 2008, grazie ad un progetto inserito all’interno dei Piuss, Piani integrativi di Sviluppo urbano sostenibile, approvati dal comune di Massa, con i quali fu possibile realizzare il recupero di piazza Aranci e piazza Mercurio, era stato previsto anche il recupero dell’intera area della “Cuncia”, con un importante investimento finalizzato a creare un centro di aggregazione giovanile. In seguito, però, il progetto iniziale venne variato, il centro aggregativo fu realizzato altrove e la segheria della “Cuncia” venne dimenticata.
In molti fecero sentire la loro voce, a più riprese, negli anni, perorando la causa del recupero della “Cuncia”. Ultimo, in ordine di tempo, nel 2019, è stato l’intervento di Bruno Giampaoli di Italia Nostra, che a gran voce, chiedeva una doverosa riqualificazione come atto dovuto perché oltre a rovinare in maniera netta ed evidente il paesaggio, il degrado in cui versa l’antica segheria rappresenta un problema di sicurezza, anche nel futuro.
Il recupero della “Cuncia”, secondo il suggerimento dato da Giampaoli, potrebbe completare il percorso fluviale del parco del Frigido e servirebbe a prevenire grossi guai dal punto di vista ambientale. Dalle carte redatte dagli organi degli uffici competenti della regione Toscana nel 2014, aggiornate periodicamente, è chiaro che l’intera area in cui si trova la ex segheria rientra in una zona ad alto rischio idraulico. È necessario, quindi, un intervento dell’amministrazione che parta da una visita in loco e da una verifica reale delle condizioni di quello che ormai è un relitto dimenticato da troppo tempo.
Articolo di Michele Scuto
© Foto di Micol Giusti