Concessioni balneari sotto la lente della Commissione

La prudenza viene dal sospetto che, in una vertenza che dura dal 2006, il braccio di ferro possa riprendere, tenendo conto del ruolo delle Regioni e delle dichiarazioni di alcuni partiti, soprattutto nel centrodestra, assai ricettivi alla lobby dei balneari. Questo “non fidarsi”, da parte della Commissione, deriva dalla consapevolezza che fin qui Italia è stata disposta a tutto pur di non ottemperare alla direttiva Bolkenstein, al punto che qualcuno mette in conto, pur di non darla vinta al Bruxelles, anche il pagamento di una salata multa fino a quando la violazione non sarà corretta.

Il compiacimento è invece rivolto nei confronti del governo. I tempi tra le sue decisioni e quelledel Consiglio di Stato lasciano intravedere un gioco delle parti, con una soluzione giudiziaria a una questione che la politica, con una maggioranza così composita, non avrebbe potuto trovare senza frizioni che solo un tribunale poteva evitare.

Ma qui sopraggiunge la perplessità, o lo stupore. È raro che un organo della giustizia subentriin un processo decisionale che spetterebbe alla politica, con un’assertività che fin qui era mancata e che sarebbe potuta arrivare anche dieci anni fa. Un organo della giustizia che stabilisce anche quanto sia il tempo congruo per bandire le gare – due anni, appunto.

Ancorché con alcuni aspetti incomprensibili per la Commissione, e per la legalità europea, il tempo dei “balneari al governo” pare finito. Resta il sapore di una vicenda contraddittoria, un marchio di inaffidabilità, trascinata a lungo in difesa di mal interpretati interessi settoriali. È accaduto con altre violazioni delle norme europee, come con il tormentone Alitalia o la gestione delle discariche – con gli esiti che conosciamo. Lenta la giustizia, lenta anche l’Europa, lenta e navigata la politica: eppure i nodi vengono al pettine.

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