Questo Parlamento non è il Teatro dei Pupi

Riflettiamo un po’ sul parlamento.

Potrebbe essere utile, in una giornata di fine d’anno, riflettere su alcune polemiche e controversie che hanno attraversato le camere in questi ultimi tempi, sull’esaurimento delle capacità decidenti degli organi parlamentari, legislative e non ; su una serie di luoghi comuni che trasformano i parlamentari , deputati e senatori, in spettatori passivi , marionette di una rappresentanza svilita; e tanto d’altro.

Partiamo da uno dei luoghi comuni più consunti, cavallo di battaglia di tutti i populismi, ma anche di pezzi di informazione maturi , anche democraticamente. Dalla riprovazione per l’ aula della Camera semivuota in occasione della discussione generale sul fine vita. Giorni fa. Con tutto il rispetto per le persone toccate personalmente da episodi penosi : la funzione di rappresentanza che la costituzione assegna ai parlamentari non si sviluppa nell’assistere senza ruolo a riti desueti come le discussioni generali sulle leggi , scomparsi addirittura dal procedimento se non espressamente richiesti. . La rappresentanza tra eletti ed elettori non è un lavoro dipendente, misurato ad orario o prestazione : è, come il respiro, una funzione permanente , che permea ogni momento ,ogni attività del deputato o del senatore, a partire da quella di studio. Una funzione che oggi siamo costretti a rincorrere , a rendere fisica, palpabile per la recisione della relazione tra un elettore che non elegge nessuno ed un eletto che nessuno elegge più. Il deputato di collegio, quello che veniva scelto dall’elettore, assieme ad un partito, e che orientava il voto successivo dello stesso elettore, sulla base di un bilancio di legislatura di quella relazione . Impossibile non citare l’esempio e il sacrificio di Gianni Cuperlo, che ha rinunciato ad un seggio sicuro per non essere imposto ad elettori senza relazione con lui. Distrutta la relazione di rappresentanza , reciproca, gli spiragli per demagogia e populismo sono diventati varchi, praterie. I partiti, i puntelli della nostra costituzione e della nostra democrazia, ridotti a start up insondabili ma seducenti e adescanti per il gioco delle offerte al rialzo , quasi un calciomercato permanente applicato ad un interesse collettivo sminuzzato in mille rivoli.

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Per proseguire sempre con il procedimento legislativo, esso stesso delocalizzato nei palazzi del governo, per quel gioco confuso dei ruoli che non consente di distinguere partiti e governi, governi e parlamenti, giustizia e politica, media e partiti. Ne abbiamo scritti qui pochi giorni fa, e ancora prima: la legislazione divorata dai governi, non è però solo quella contro la quale strepitano le opposizioni di turno, silenziosamente presenti al banchetto quando sono maggioranze. Non è solo quella del caravanserraglio delle leggi di bilancio e della legislazione di urgenza, teatro di tutti i conflitti di interesse ,ma si estende alla legislazione ordinaria, quotidiana, quando il governo di turno lo voglia e lo pretenda . E’ quella del più scadente e nocivo prodotto della legislazione, il maxiemendamento , che rende le leggi incomprensibili e i cittadini,tenuti alla conoscenza delle stesse , messi nell’impossibilità di farlo.

Questi citati sono solo dei titoli , dentro i quali sarebbe possibile e addirittura facile tentare la ricostruzione. Ad esempio: proprio i maxiemendamenti , costrizione in un solo articolo di un intero testo di legge, sono a tutt’oggi incompatibili con la norma dell’’art. 72 della costituzione che prevede l’obbligo , almeno in aula, di esame dei testi di legge articolo per articolo. Ed è il primo esempio che viene in mente.

montesquieu.tn@gmail.com

Montesquieu
by La Stampa

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