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SINDACI. AL BALLOTTAGGIO È UN’ALTRA PARTITA

Fra qualche giorno le elettrici e gli elettori di rilevanti città come AlessandriaComoMonzaVeronaViterboParmaPiacenzaParmaLucca e la nostra Carrara saranno nuovamente chiamati alle urne per scegliere il proprio sindaco, al ballottaggio.

Da sempre si discute se la politica (al pari dell’economia) possa considerarsi o meno una scienza esatta. Io non ho la risposta, ma di sicuro so che è cosa alquanto diversa dalla matematica.

Perché? Perché ho sempre verificato che, in politica, 1+1 mai ha fatto 2! Quando va bene, quando è andata bene al massimo ha fatto 1 virgola qualcosa.

Gli archivi son pieni, fin dal dopoguerra, di fallimentari tentativi di sommare sigle di partiti e partiti il cui risultato è sempre stato inferiore alle attese. Lo stesso ragionamento vale per gli apparentamenti previsti dalla legge per i Comuni sopra i 15.000 abitanti.

Lucca s’è addirittura creato il caso nazionale perché lì il Centrodestra non ha avuto remore ad allearsi con i fascisti di Casapound pur di recuperare lo svantaggio nei confronti del Centrosinistra.

Meno eclatante la vicenda carrarese dove decisivo sarà lo spostamento da una parte all’altra del considerevole ‘pacchetto’ di voti raccolti al primo turno dal candidato Ferri, espressione di un ‘centro’ che fa fatica a ritrovarsi.

Tornando alla questione, quindi, potremmo dire che se in politica bastasse sommare i voti di tizio e di caio (ufficialmente o no), probabilmente già oggi avremmo il nome del nuovo sindaco.

Ma non è così che funziona.

Quello del confronto secco, al secondo turno, fra i candidati sindaci è tutta un’altra partita.

Ricordo che nel 2018, a Massa, Volpi in prima battuta aveva raccolto il 34% dei consensi e Persiani il 28%. Poi c’erano Mencarelli al 15% e il civico Menchini al 13%. Sappiamo com’è andata a finire.

Carrara, cinque anni fa, De Pasquale (Cinque Stelle) partì con il 27% dei voti, poi vinse con il 66% contro Zanetti (Pd) che dal 25% risalì soltanto al 34%. Al primo turno Vannucci (civica di centrosinistra) aveva preso il 15%; Lorenzoni (centrodestra) il 12%; Spediacci (lista civica) l’8% e Claudia Bienaimé (civica di sinistra) il 7%.

Un’altra era geologica, in termini politici.

C’era tutta la spinta della Lega e del M5S che, in questo momento, non sembrano passarsela troppo bene.

In più, a quel tempo, avere alle spalle un’esperienza politica o amministrativa costituiva addirittura un’aggravante alla colpa grave.

Di quella stagione ricordiamo le Raggi e le Appendino, elette con percentuali pazzesche in virtù di essere nuove, senza macchia né paura.

Contava soprattutto il voto ‘contro’ chi aveva governato. Oggi il quadro s’è modificato. Completamente? Lo vedremo presto.

Di certo domenica prossima entreranno in gioco elementi e valutazioni di natura diversa, che potranno anche risentire delle tendenze politiche nazionali, ma che s’incentreranno di più sulla specifica realtà e sulle caratteristiche delle singole candidature.

Per non dire del meteo che influirà su un altro aspetto: quanti si recheranno al seggio, dopo aver già abbondantemente manifestato disaffezione il 12 giugno scorso? Quanti effettivamente torneranno a votare? Basterà l’appello al sentimento e alla bandiera?

Venendo al punto: un anno fa, al momento dell’annuncio della sua candidatura, inviai a Simone Caffaz un messaggio d’auguri precisando che, tuttavia, mi avrebbe trovato dall’altra parte. Con lealtà e simpatia.

Dall’altra parte, oggi, c’è Serena Arrighi alla quale dico: “Brava! Hai deciso di andare al di là delle logiche di partito, hai rifiutato ogni apparentamento, avanti così! Lascia gli altri a farsi la guerra. Tu continua a proporti per come ti ho percepita e per come già ti ha riconosciuto una larga parte dei tuoi concittadini: una fonte alternativa di energia. La città te ne sarà riconoscente”.

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