Il ragazzino dello stradone

IL ‘RAGAZZINO’ DELLO STRADONE

Tutto è (ri)cominciato con un messaggio su Messenger. Non lo vedevo (salvo qualche post di lui in bicicletta, la sua grande passione) e non lo sentivo da una vita, da quando ragazzetto era venuto a vivere all’ombra del campanile della Madonna del Monte, dove io ero già un affermato  bulletto di periferia.

Sapevo soltanto che nella vita aveva scelto d’indossare la divisa da Carabiniere, al pari di suo fratello Emilio e – ancor prima – di suo padre Nicola. Un fiero e orgoglioso pugliese di Taranto, spostatosi con una ‘stradonesa’.

Da quello scambio di messaggi, avevo intuito che ancora non aveva avuto modo di leggere il mio “I ragazzi dello Stradone”, così gliene ho fatto recapitare una copia tramite un comune amico e lui mi ha ripagato con un suo bel post e questa bellissima lettera:

«Buonasera Fabio,

che dire? Divorato già mezzo del tuo capolavoro. Ammetto che da bambino, arrivando “sott’almonto” in via Sopramonte nel 1973, ho potuto poco apprezzare i “grandi” dell’epoca come te, Fabio Farusi, Dedo Iacopini (che troverò poi in palestra alla Pallavolo Massa) Fabrizio Vignali “il pizzo”, Carlo Ronchieri “Ikxs”, Antonio Vannucci e tanti altri, dei quali ammiravo solo che le gesta e i racconti che riuscivo a percepire.

Io ero coetaneo con Massimo “Reuccio” Vignali, Maurizio “Cagina” Mercanti, Giuseppe Iacopini, tuo fratello Fabrizio “Gazzosa” (compagno di volley) Claudio Cuccato, Lucaccini, Anna e Lucia Della Tommasina, Marco “Sapon” Grassi, Tarquinietto Petrocchi, i cugini Francesco Mandorli e Giuseppe “Buana” Stefanini, ed avanti così. 

Di loro conservo ancora oggi indelebili ricordi che nessuno mai potrà cancellare, così come del caro ed amabile Don Ezio.

Chiudo gli occhi e rivedo la processione della Madonna del Buon Consiglio, la “martellata” vissuta tanti anni sul campanile e da te magistralmente rievocate.

Hai descritto con precisione analitica uno spaccato della mia gioventù e, commosso, apprezzo il tuo sforzo letterario.

Finirò presto la seconda metà dello scritto e malinconicamente ci sarà il “The End” come in tutte le cose.

Ho comunque impresso nella mente, sia ben chiaro e come poterlo scordare, anche tuo Babbo “Gisbè” con i suoi grandi occhiali quadrati da vista e la Mamma Beppina, sempre accanto a Lui.

Ecco, non ho molto da aggiungere, l’essere poco conciso è sempre stato un mio gran difetto, ma spero di aver reso l’idea.

Con grave, ma perdonabile ritardo, ti dico ancora grazie, hai fatto rivivere in me ricordi oramai quasi sepolti dall’anagrafe.

Questo mi premeva dirti! Poi, sui social, avrò modo di farlo con le più comode “Trombe dell’Aida”.

Passo e chiudo Fabio!

Il “ragazzino” dello Stradone ti manda un caro saluto e un fervido augurio per il tuo ancora brillante futuro.

Un antico abbraccio, Vittorio Mancarella»

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