LO SCIVOLONE DI GIORGIA

di Montesquieu by Alto Adige 

Nelle arrampicate più difficili, quelle piene di insidie, quelle che vanno accuratamente preparate passo dopo passo e, in politica, parola dopo parola, atto dopo atto, basta mettere un piede in fallo per scivolare e ritrovarsi al punto di partenza.

Potrebbe capitare a Giorgia Meloni, giunta ad un passo dalla rassicurazione rispetto ai suoi punto deboli: ascendenze non proprio democratiche, credenziali euroscettiche piuttosto che europeistiche, flebili diritti individuali, singolari alleanze in giro per il mondo, e altro. 

Quando, ad esempio, con l’aria di chi dice la cosa più ovvia – e che i più sembrano giudicare ovvia, evidentemente – garantisce che il leader magiaro Orban e’ graniticamente democratico perché ha vinto le elezioni. In questo caso non siamo in presenza di un episodio disdicevole, come i tanti capitati al meno accorto Salvini: tra i quali l’onta del ritornante finanziamento straniero; la riverenza al dittatore che irride alla democrazia liberale; il processo per direttissima, inclusivo di condanna, al citofono; il getto della chiave della cella in luogo della rieducazione del reo; il vilipendio al proprio Capo dello Stato, sempre per riverire lo stesso dittatore.

Ma sono, per l’appunto, episodi. No, lo scivolone di Giorgia e’ diverso e più grave, complessivo: perché nega l’insieme, la complessità della democrazia, e la condensa in un solo momento, quello introduttivo, il rito elettorale. 

Il momento elettorale  spalanca le porte all’esercizio democratico, lo configura, ma non e’ ancora esercizio democratico compiuto. Quello viene dopo, e riguarda l’esercizio del potere: un potere che deve essere distribuito, diffuso, mai concentrato, rispettoso di ogni diritto, inflessibile nella posizione dei limiti a chi governa. 

Ed e’ da lì che vanno giudicati i governi: non da successi elettorali che proprio le autocrazie riescono a garantirsi, proprio per la capacità di controllo complessivo di chi governa. 

Nella concezione che traspare dalla battuta di Giorgia, non esistono dittature, e tutto e’ democrazia, se la legittimazione a governare nasce dal voto.

Nessun dittatore ha difficoltà ad esibire i propri trionfi elettorali, i più previsti, quelli certi già prima del voto.

Nessuna democrazia ha più certezza preventiva dei risultati elettorali che non la Russia di Putin, la Turchia di Erdogan, il Brasile di Bolsonaro, e via di seguito… 

Nelle democrazie, se e’ legittimo auspicare l’insuccesso elettorale dell’avversario, non è precisamente esercizio democratico auspicare l’insuccesso del governo dell’avversario.

montesquieu.tn@gmail.com 

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