NON MI PIACE VINCERE FACILE
Basta! Non scommetterò più.. Anche perché non mi piace vincere facile e, stavolta, è stato fin troppo facile. Ho cornetti e cappuccini pagati fino a Natale.
Quindi, sulle Politiche 2022, più che soffermarmi sugli entusiasmi per la vittoria di Giorgia, donna-mamma-cristiana, vorrei concentrarmi su come è nato il disastro elettorale del centrosinistra.
Quanto meno per evitare di ripetere gli stessi errori.
Parto con i numerini delle Politiche degli ultimi 30 anni:
1994, Centrodestra 42,84%
1996, Centrodestra 42,07%
2001, Centrodestra 49,56%
2006, Centrodestra 49,74% (Prodi 49,81%)
2008, Centrodestra 47,32%
2013, Centrodestra 29,18% (M5S 25,56%)
2018, Centrodestra 37% (M5S 32,68%)
2022, Centrodestra 43,79%
Cosa intendo evidenziare? Che più che una straordinaria vittoria del Centrodestra (dove Fdi ha soltanto rovesciato, invertito le gerarchie del vecchio Berlusconi e del più giovane Salvini), quest’anno abbiamo assistito al suicidio preannunciato delle forze democratiche e progressiste che si sono presentate divise (Letta, Conte e Calenda) a disputare una partita che si giocava non soltanto sulla quota proporzionale (che misura il consenso dei singoli partiti e dove, tra l’altro, la Meloni con il suo 26% è ben distante dal 40% di Renzi del 2014; dal 32% di Grillo del 2018; dal 34% di Salvini del 2019), quanto sull’attribuzione nella quota maggioritaria di ben 213seggi su un totale di 600parlamentari
Bene, adesso concentratevi su questi numeri:
Il Centrodestra, presentandosi unito, ha vinto in 121 dei 146 collegi uninominale per la Camera (su 400). Il Pd in 12; il M5Sin 10, Azione zero tituli.
Stessa cosa al Senato: Centrodestra unito e vittorioso in 56 collegi su 67seggi in palio per i 200 del Senato; Pd 5; M5S 5; Azione 0.
Qui, altro che vincere facile! Nel maggioritario, per il Centrodestra è stato come se gli avversari non si fossero nemmeno presentati in campo.
La colpa è di una legge elettorale (che comunque fa schifo)? No! Le regole e i meccanismi elettorali li conoscevano tutti e tutti avevano consapevolezza di quel che sarebbe successo. Dabbenaggine del Centrosinistra, dunque? Non lo so. Mi pare tuttavia di poter dire che da questa parte più che valutazioni politiche abbiano prevalso logiche di tipo personalistico: rancori, rivalse, ripicche. Cose piccine, insomma. Le differenze che albergano nel Centrodestra non sono certamente meno evidente e meno laceranti di quelle che caratterizzano il Centrosinistra. Ma dall’altra parte hanno saputo far prevalere un ragionamento politico sulle antipatie e le convenienze di carattere personale.
Poi, certo, ci sarà da fare anche una riflessione di carattere più generale: Ad esempio, se in Toscana la destra vince in 11 collegi su 13 è anche perché è venuto meno il collante del voto ideologico o identitario o di comunità. Oltre ai profondi rivolgimenti economici, sociali e culturali.
Ma nemmeno il voto alla Meloni, oggi, può essere definito un voto ideologico. Non è che adesso un quarto di italiani s’è scoperto improvvisamente fascista (pur se una parte residuale di nostalgici del Duce è ben presente). È un voto della ‘disperazione’ (come dimostra anche l’altissima astensione, cresciuta di quasi il 10% rispetto alle politiche del 2018). Il voto di elettori che ormai non sanno più a che santo votarsi.
L’opinione elettorale, come s’è dimostrato in questi ultimi anni, è molto più libera e fluida del passato. Per non dire ondivaga. La scelta del partito di riferimento non è più una scelta di vita e il voto non lo si può più considerare dato una volta e per sempre, anche se rimangono percentuali rilevanti di elettori destri e di sinistri, a prescindere.
È quell’informe corpaccione di centro che, anche in virtù di differenti sistemi elettorali, di volta in volta si sposta determinando il risultato elettorale.
Lo dico anche in riferimento a Massa, la mia città. Anche qui il conto è presto fatto, con buona pace di Persianie Guidi: Il Cdx è al 42,81. Pd, M5S e Calenda (senza contare il 3,37% di Unione Popolare) mettono insieme il 49,96% dei consensi. Quindi, la partita del 2023 è per davvero tutta da giocare.
Cosa manca per tornare a vincere anche qui da noi?
Una sola cosa: la Politica
Francesco Giannerini
Fabio non è credibile che questi non sapessero che andavano incontro ad una debacle di questo tipo, tanto più che a differenza nsotra loro i sondaggi li hanno costantemente sottomano e alora mi chiedo se è stata una disfatta dettata solo dalle mire personali e dalle antipatie verso gli ex alleati o c’è sotto dell’altro. Mi risulta difficile credere ad una simile ingenuità, tanto più che se lo scopo di molti di loro era continuare con l’agenda Draghi, potevano tranquillamente mettere da parte i contrasti, allearsi, vincere le elezioni ( perchè i numeri dicono questo se si fossero alleati ) e poi dopo 5 mesi far saltare il banco e richiamare grisù. Allora io non capisco la strategia di mettersi 5 anni all’opposizione con numeri ridicoli.